In
queste settimane in cui si inizia a programmare il nuovo anno
scolastico o lavorativo, vi lascio un paragrafo di un libro che ho
gustato a fondo quest'estate e che considero bello e ricco di spunti,
anche al di là delle polemiche sulla veridicità di alcuni
fatti raccontati.
Si
tratta del romanzo “Tre tazze di tè”, che narra l'impegno
dell'ex alpinista Greg Mortenson nella costruzione di scuole nei
paesi più poveri di Pakistan e Afghanistan, al fine di vincere il
terrorismo e l'odio tra i popoli grazie all'istruzione:
“Mortenson
attese nervosamente per mezz'ora mentre Sakina lasciava in infusione
il po cha. […] Quando le tazze di porcellana con il tè al burro
bollente fumarono tra le loro mani, Haji Ali parlò. “Se vuoi
vivere bene in Baltistan, devi rispettare le nostre usanze” disse
soffiando nella sua tazza. “La prima volta che dividi il tuo tè
con un baltì sei uno straniero. La seconda volta sei un ospite
onorato. La terza diventi parte della famiglia, e, per la nostra
famiglia, noi siamo pronti a fare qualunque cosa, persino morire”
disse posando affettuosamente la mano su quella di Mortenson. “Dottor
Greg, devi trovare il tempo per condividere tre tazze di tè. Forse
siamo ignoranti. Ma non siamo stupidi. Siamo vissuti e sopravvissuti
qui per tanto tempo”. “Quel giorno Haji Ali mi diede la lezione
più importante della mia vita” afferma Mortenson. […] “era un
analfabeta, che praticamente non aveva mai lasciato il suo piccolo
villaggio nel Karakoram. Eppure era l'uomo più saggio che avessi mai
incontrato”.
(tratto da D.O. Relin, G. Mortenson, Tre tazze di tè, Rizzoli, 2008)
Nota
a piè di pagina: perché Inshallah? Perché è una delle parole
ricorrenti del libro e mi ricorda di rallentare, non è il correre
contro il tempo ciò che risolverà i problemi: l'ultima parola è
sempre di Dio e come Dio vorrà...
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