domenica 14 ottobre 2012

I crocevia che l'evangelizzazione non può evitare.


Intervento del card. Gianfranco Ravasi al Sinodo per la Nuova Evangelizzazione. 
Nella cultura contemporanea sono molti i crocevia che l’evangelizzazione non può evitare.
C’è innanzitutto quello del linguaggio. Senza abbandonare la complessità del discorso religioso, è necessario saper adottare anche i nuovi canoni della comunicazione telematica e digitale con la loro incisività ed essenzialità e col loro ricorso al racconto televisivo per immagini.
C’è, poi, l’orizzonte della secolarizzazione. Essa non riesce, però, a eliminare la domanda religiosa e la forza dell’etica naturale. In questo ambito sta operando con successo il “Cortile dei Gentili” sollecitato da Benedetto XVI con la sua evocazione del Dio sconosciuto ma forse cercato da molti non credenti.
C’è un terzo ambito di evangelizzazione che è stato per secoli decisivo, ed è quello dell’arte che esige oggi di essere ritessuto secondo la nuova grammatica e stilistica delle espressioni artistiche contemporanee senza perdere il legame con la sacralità del culto cristiano.
C’è poi il crocevia delle culture giovanili con le loro esperienze socializzanti spesso rischiose ma anche dotate di una loro fecondità: si pensi solo agli eventi e alla pratica sportiva o al costante ricorso alla musica.
C’è, infine, il mondo della scienza e della tecnica, ormai trasversale a ogni etnia e cultura, al quale vorrei dedicare una considerazione specifica. In esso la fede non deve temere di inoltrarsi, avendo lo stesso sguardo di Cristo che contemplava vegetali e animali e ricorreva persino alle previsioni meteorologiche (Mt 16,2-3; Lc 11,54-55) per annunciare il Regno, sulla scia dell’Antico Testamento che nel creato intuiva una voce trascendente, come suggerisce il Salmo 19. Oggi il nostro sguardo può fissarsi con stupore anche sulla trama dell’evoluzione globale, dal fondo cosmico primordiale fino all’elica del DNA, dal bosone di Higgs fino al multiverso.
All’incompatibilità tra scienza e fede e alla prevaricazione dell’una sull’altra e viceversa, come è accaduto in passato e come talora accade, è necessario sostituire il reciproco riconoscimento della dignità dei rispettivi statuti epistemologici: la scienza si dedica alla “scena”, cioè al fenomeno, mentre la teologia e la filosofia si rivolgono al “fondamento”. Distinzione, quindi, ma non separatezza ed esclusione reciproca, essendo unico e comune l’oggetto, ossia l’essere e l’esistere. È, quindi, comprensibile che spesso scattino sconfinamenti e tensioni, soprattutto in campo bioetico.
Indispensabile è, perciò, il dialogo senza arroganza e senza la confusione dei livelli e degli approcci specifici. Come già indicava Giovanni Paolo II nel 1988, “ciò che è assolutamente importante è che ciascuna disciplina continui ad arricchire, nutrire e provocare l’altra ad essere più pienamente ciò che deve essere e contribuire alla nostra visione di ciò che siamo e dove stiamo andando”. Lo confermava anche quel grande scienziato che fu Max Planck, il padre della teoria quantistica: “Scienza e religione non sono in contrasto, ma hanno bisogno una dell’altra per completarsi nella mente di un uomo che pensa seriamente”.

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