martedì 24 gennaio 2012

Abbiamo lasciato il campo cantando


Etty Hillesum gettò questo messaggio fuori dal finestrino del treno dei deportati, che l'avrebbe condotta ad Auschwitz, dove sarebbe morta dopo pochi mesi.
Tra pochi giorni, il 27 gennaio, sarà la Giornata della Memoria e mi è sembrato giusto ricordare la forza di chi ha saputo accogliere, “assorbire” tanto dolore e impegnarsi a ridare un senso alla vita propria e di chi le soffriva accanto.
Nel suo diario Etty Hillesum racconta proprio di questo impegno, portato avanti tra tante fatiche e in un percorso, come si può immaginare, tutt'altro che semplice, ma denso di voglia di vivere e nella piena consapevolezza che il suo compito, in quella Storia di assurda violenza, era trovare Dio negli altri uomini e, lì, nell'amore verso di loro, incominciare a costruire un mondo nuovo:

A Westerbork ho letto un tratto del nostro tempo che non mi sembra privo di significato. Ho amato tanto la vita quand'ero seduta a questa scrivania […] e là, tra le baracche popolate da uomini scacciati e perseguitati, ho trovato la conferma di questo amore.”

la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire un mondo completamente nuovo. A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere. E se sopravvivremo intatti a questo tempo, corpo e anima ma soprattutto anima, senza amarezza, senza odio, allora avremo anche il diritto di dire la nostra parola a guerra finita. Forse io sono una donna ambiziosa: vorrei dire anch'io una piccola parolina

ps: l'immagine è uno dei 79 disegni realizzati ad Auschwitz da Thomas Geve, un bambino deportato. Essi sono raccolti nel volume “Qui non ci sono bambini”, edito da Einaudi.




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