Etty Hillesum gettò questo messaggio fuori dal finestrino del
treno dei deportati, che l'avrebbe condotta ad Auschwitz, dove sarebbe morta dopo pochi mesi.
Tra
pochi giorni, il 27 gennaio, sarà la Giornata della Memoria e mi è
sembrato giusto ricordare la forza di chi ha saputo accogliere,
“assorbire” tanto dolore e impegnarsi a ridare un senso alla vita
propria e di chi le soffriva accanto.
Nel
suo diario Etty Hillesum racconta proprio di questo impegno, portato
avanti tra tante fatiche e in un percorso, come si può immaginare,
tutt'altro che semplice, ma denso di voglia di vivere e nella piena
consapevolezza che il suo compito, in quella Storia di assurda
violenza, era trovare Dio negli altri uomini e, lì, nell'amore verso
di loro, incominciare a costruire un mondo nuovo:
“A
Westerbork ho letto un tratto del nostro tempo che non mi sembra
privo di significato. Ho amato tanto la vita quand'ero seduta a
questa scrivania […] e là, tra le baracche popolate da uomini
scacciati e perseguitati, ho trovato la conferma di questo amore.”
“la
vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire un
mondo completamente nuovo. A ogni nuovo crimine o orrore dovremo
opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà che avremo conquistato
in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere. E se
sopravvivremo intatti a questo tempo, corpo e anima ma soprattutto
anima, senza amarezza, senza odio, allora avremo anche il diritto di
dire la nostra parola a guerra finita. Forse io sono una donna
ambiziosa: vorrei dire anch'io una piccola parolina”
ps:
l'immagine è uno dei 79 disegni realizzati ad Auschwitz da Thomas Geve, un bambino deportato. Essi
sono raccolti nel volume “Qui non ci sono bambini”, edito
da Einaudi.
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