La prima lettera ve la propongo tutta intera, per le altre solo alcuni spezzoni.
Noi vogliamo far si che il nostro cuore sia lieto. Non allegro, che è qualcosa di completamente diverso. Essere allegri è un fatto esterno, rumoroso, e presto si dissolve. La gioia invece vive nell’intimo, silente, è profondamente radicata. Essa è la sorella della serietà; dove è l’una è anche l’altra.
Si dà certamente una lieta gioia sulla quale non si ha alcun potere. Quella gioia che investe qualcuno, grande, profonda: di essa dice la sacra Scrittura che è come un fiume; oppure quella ridente gioia che trasforma ogni cosa, così che il mondo è tutto illuminato; essa viene e va, a piacer suo. Non si può far altro che accettarla quando viene ed avvertire la sua mancanza quando se n’è andata. Quella gioia che germoglia dalla forza e dalla sicurezza di una giovane vita; o anche l’altra, rara, che riluce in uomini eletti, dall’intima chiarezza della loro essenza, sulla quale non si ha scelta. C’è, o non c’è. Tuttavia anche nei suoi confronti ci si può chieder se essa sia un elemento di raccoglimento o dispersione.
Ma qui si deve parlare di quella lieta gioia verso la quale è possibile aprirsi una strada. Ciascuno la può possedere, allo stesso titolo, qualunque sia la sua natura. Essa deve anche essere indipendente da ore buone o cattive, da giorni vigorosi o stacchi. Noi vogliamo qui meditare sul come si può aprire ad essa la via. Non proviene dal denaro, da una vita comoda, o dal fatto d’esser riveriti dalla gente,anche se da tutto questo possa essere influenzata. Viene piuttosto dalle cose nobili:da un lavoro intensi;da una parola gentile,che si è sentita oche si è potuta dire;dal fatto di essersi opposti coraggiosamente all’errore di qualcuno, o di aver raggiunto una veduta chiara in una questione importante.
Romano Guardini Lettere sull’autoformazione, Brescia 1994, Morcelliana p.7-8
Anti, oggi non sono allegra, né felice, né lieta… cosa posso dire se non: domani è un altro giorno?
RispondiElimina