martedì 15 maggio 2012

Vita



In questi giorni era la festa della mamma e, al di là di tutti i cuori e fiorellini che si potevano vedere nelle vetrine dei negozi, mi sono venute alla mente e al cuore quelle mamme speciali di cui parla (seriamente) Luciana Littizzetto nel libro “L'educazione delle fanciulle”, con tutta la loro fatica e gratuita capacità di accogliere l'altro, tanto da lasciarsi trasformare e, così, donare vita:
“I miei figli sono in affido. Che è una condizione ancora più strana rispetto all'adozione. Loro sono fratelli, sanno chi sono padre e madre, ma non li vedono più […]. Quindi entrare nella loro vita non è stato facile. Ho dovuto anch'io in qualche modo partorirli. Sentire la loro presenza dentro […] Mi sarebbe piaciuto tanto riconoscere la mia pelle nella pelle dei miei figli. Sentirne l'odore e identificarlo come mio. […] spesso i bambini in affido pungono. Sono ricci. Si difendono, bisogna maneggiarli con cura. Per loro, tutti sono potenziali carnefici, non si fidano. Sono passati cinque anni da allora. Di solito si dice: “Mi sembra ieri...”. A me no. Mi sembra un'eternità. Come se avessimo passato insieme una vita. Infatti è stata vita. Potente. Dolorosa. Impetuosa... e la loro pelle è diventata la mia pelle.”
(da L. Littizzetto, F. Valeri, L'educazione delle fanciulle, dialogo tra due signorine perbene, Einaudi, 2011)

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