«Se non crederete, non avrete stabilità.» (Is 7, 9b)
Nel capitolo 7 di Isaia leggiamo di Acaz, re di Giuda, che vede la sua Gerusalemme assediata da Rezìn, re di Aram, e da Pekach, figlio del re di Israele, al punto che "il cuore di Acaz e il cuore del suo popolo si agitarono, come si agitano i rami del bosco per il vento.".
Il profeta Isaia viene mandato dal Signore a tranquillizzare Acaz: «Ancora sessantacinque anni ed Efraim cesserà di essere un popolo.» Efraim è il popolo che vive in Israele, governato da Romelia padre di Pekach; e sessantacinque anni sono all'incirca il tempo di due generazioni, che sarebbe come dire ad Acaz che al tempo dei suoi nipoti il problema non esisterà più. Come può Acaz tranquillizzarsi di fronte a queste tempistiche?
Eppure, continua il Signore, «Se non crederete, non avrete stabilità.» Altre traduzioni sono ancora più precise: «Se non avrete fede, non avrete stabilità.» Dio dunque sostiene che la speranza per il futuro possa donare la tranquillità al presente, anche quando l'assedio stringe le mura della città. La condizione per tutto questo è di continuare a credere in queste parole, di avere la fede nel Messia che deve venire.
Di tenere salda ogni speranza.
PS: vuoi sapere come finì la storia di Acaz? Decisamente male: spogliò il tempio di Gerusalemme per cercare alleanze con altri sovrani e addirittura vi stabilì il culto di un dio di Damasco, infine dovette pagare il re degli Assiri per comprare la libertà sua e del suo popolo. Divenne talmente disprezzato nel suo Paese da divenire il primo sovrano a non essere stato sepolto tra i re di Giuda, suoi antenati.
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