mercoledì 21 dicembre 2011

Io non ti dimenticherò

«Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!» (Giobbe 1, 21)

Era una calda giornata di Agosto del 2009, quando entrai in una fresca chiesetta della Toscana presso il locale convento delle suore Clarisse del Secondo Ordine Francescano. Nel silenzio, frugando tra i banchi, emerge con innocenza il segnalibro di un monastero di trappiste, scritto a penna sul retro.

Un tratto nell'angolino, in nero, probabilmente è il primo ad essere stato apposto, e recita così: "A Ornella - S. Pasqua 79". Vale a dire, trent'anni prima che io lo leggessi. Invece d'esser custodito come un tesoro prezioso da questa nostra Ornella, restava a disposizione di un viandante di passaggio, correndo addirittura il rischio d'esser preso e di lasciare il lieto silenzio delle Clarisse. Ed io, che rappresentavo una versione più moderna dei viandanti medievali, pur essendone fortemente tentato, mi limitai a scattare alcune foto che serbo ancora come un bel ricordo da condividere.

Altre parole, scritte in blu, sono ragionevolmente l'aggiunta successiva di una diversa persona, e la prima parte del messaggio riporta: "Sono sola, ma tu hai detto io non ti dimenticherò...". Appare, limpido, lo splendore di un'amicizia che supera ogni distanza, che percepisce nettamente quel senso di vuoto e di solitudine ma lo sa scavalcare con un'immensa fiducia, ignorando le distanze. Giova far notare che non ci sono lettere maiuscole riferite ad una divinità onnipotente, ma al contrario sono tutte lettere minuscole: è un dialogo da cui trasuda una tenerezza commovente, una fede nell'uomo che è apparentemente slegata alla fede nel divino.

E poi, in latino, riporta il pensiero di Giobbe, «uomo integro e retto, che teme Dio ed è alieno dal male» (Giobbe 1, 8), il quale - pur funestato da grandi tragedie - accetta fino in fondo la volontà del Signore. Certo si tratta di un comportamento sorprendentemente raro, dato che la natura umana tende alla ribellione contro le avversità fino addirittura allo sconforto verso Dio: basti pensare che lo stesso Gesù ebbe ad urlare "perché mi hai abbandonato?" al Padre che Egli amava!

Eppure tutto quanto, ci insegna Giobbe, può essere intimamente accettato come dono di Dio: alla sua stessa moglie, che contestava questo suo atteggiamento, Giobbe risponde schiettamente: «Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?» (Giobbe 2, 10)

E tu, oggi, di cosa non ti dimenticherai? Che cosa potrai accettare, rispetto a ieri?

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