Ho imparato a pregare, ma soprattutto a fermarmi a pregare. L’ho imparato dagli arabi, dai musulmani. Ho sentito il richiamo del muezzin, che ha fatto da sottofondo alle lodi mattutine e alle condivisioni serali. Ho scoperto che il posto per pregare meglio Dio in Marocco è il tetto della Medersa di Meknes: nel tardo pomeriggio, quando inizia il canto del muezzin, puoi isolarti dal frastuono della Medina e ricongiungerti con tuoi pensieri. Ho scoperto che il luogo dove puoi incontrare Dio in Marocco è il cortile del centro di Casablanca dove giocano i bimbi disabili e ti mostrano felici il disegno appena fatto, la maschera appena costruita, il palloncino appena gonfiato, fatti da loro, tutto da soli!!!!
Ho anche scoperto molte cose della religione musulmana che non condivido, che capisco ancora poco ma che rispetto. Ho riscoperto (forse l’avevo dimenticato) che la religione cristiana è aperta a tutti, proprio a tutti, che il messaggio del Vangelo è universale, che è vivo e presente anche in Marocco e che spesso è messo in pratica, inconsapevolmente, dagli stessi musulmani, non solo dai cristiani.
A casa ho portato tutto questo bagaglio di nuove conoscenze, di scoperte inaspettate, di incontri sorprendenti, che credo mi accompagneranno ancora per molto tempo e che mi faranno riflettere a lungo. Per rivivere il cammino guardo le tante foto scattate ai bimbi del Marocco, sono volti sorridenti, nei loro occhi e nei loro visi non ho visto la tristezza di che è stato abbandonato o l’insofferenza di chi è disabile ma la felicità e la gioia di chi ha condiviso con noi giochi, scherzi, balli, canti, abbracci….vita.
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